sabato, aprile 30, 2005
Dante e la Relatività
Un fisico dell'università di Trento ha visto in alcuni versi della Divina Commedia il germe della relatività. L'intuito di Dante ha preceduto di 300 anni l'idea di Galileo sulla relatività? Forse.
Ella sen va notando lenta lenta;
rota e discende, ma non me n'accorgo
se non che al viso e di sotto mi venta.
(Divina Commedia, Inferno, canto XVII, 115-117)
È senza dubbio il frutto della riflessione di un grande artista. In primo luogo, perché Dante ha pensato ad un mezzo volante, immaginando quindi, una cosa che nessun artista aveva mai pensato, se non nel caso degli angeli e di Dio. Cosa per altro incredibile per l'epoca tenendo conto che nessuna esperienza di volo effettiva era stata mai sperimentata (e tale rimarrà fino al pallone aerostatico), ragion per cui nessuno poteva conoscere le sensazioni e la realtà di un volo aereo.
In secondo luogo perché è un vero e proprio "gedankenexperiment", l'esperimento mentale tanto caro ai fisici teorici. Dante si è immaginato di sana pianta una situazione fisica, non fantasiosa come la galleria del vento di Paolo e Francesca, e assolutamente contigua alla realtà.
Sulla relatività, tuttavia, andrei un po' più cauto. E per questo facciamo un passo indietro.
(97-105) Quando Virgilio e Dante salgono in groppa a Gerione, Virgilio dispone a Gerione quanto segue: "Gerione, ordinò al mostro, oramai puoi partire, i giri siano molto ampi e la discesa graduale; pensa, tieni conto del carico insolito che hai sulla groppa" (attento, che in groppa porti un vivo). - Ciò detto Gerione inizia a muoversi come se fosse una "barca" - "Come la barca si stacca ed esce dalla riva dove aveva attraccato, procedendo a ritroso, così si staccò di lì; e dopo che si sentì libero di muoversi nel vuoto, volse la code dove prima era il petto, e mosse la coda dopo averla tesa e la fece vibrare come fa una anguilla; e con le zampe raccolse attorno a sé l'aria col tipico movimento di chi nuota nell'acqua. "
In questi versi, in cui esplicitamente Virgilio chiede a Gerione di muoversi lentissimamente Dante ha una prima percezione della rotazione giacché egli scrive:
"volse la coda dove prima era il petto", cosa che in un certo senso ci conforta poiché il principio di relatività riguarda i moti che avvengano di moto rettilineo uniforme. Questo però significa che Dante, per percepire la rotazione attorno al baricentro della bestia (che ripeto si muoveva lentissima), doveva avere costantemente sotto gli occhi qualche punto di riferimento "fisso", altrimenti non si spiegherebbe il senso di tale affermazione. (Se chiudete gli occhi e state al buio su una sedia girevole è difficile accorgersi di una lentissima rotazione).
Arrivando ora ai versi 115-117 emerge un altro particolare: " non me ne accorgo se non per il fatto che l'aria mi accarezza il volto e dal basso" A mio avviso, questo enunciato non è aderente con il principio di invarianza per il semplice motivo che è legato alla percezione mentale. Mi spiego meglio. Nell'esperimento del naviglio di Galilei, lo scienziato fa menzione esplicita di oggetti particolari nell'ambiente circostante.
"Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che vi sia sotto coverta; siavi anco un gran vaso d'acqua e dentrovi de'pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell'acqua in un altro vaso di angusta bocca che stia posto a basso..." Il problema è che Dante trovandosi in una ambiente quasi totalmente oscuro non ha potuto descrivere il comportamento di ciò che gli stava attorno, quando invece, dopo aver "levato gli ormeggi", ha chiaramente descritto una rotazione attorno al baricentro della bestia (cosa non affatto banale, data la dovizia di dettagli con cui il sommo poeta suole descrivere il suo viaggio). Questo mi spinge a pensare che la predizione di una invarianza della descrizione fisica della realtà anche su un sistema di riferimento in moto non è esattamente rispettata.
L'ultima obiezione, anche se troppo particolare (e forse inadeguata al contesto di Dante), riguarda il fatto che un sistema di riferimento spiraleggiante, cioè che trasla e rivoluziona attorno ad un punto fisso, non è un sistema inerziale.
Se Dante avesse voluto comunicarci la sua scienza l'avrebbe fatto almeno considerando un percorso rettilineo. Piuttosto credo che volesse sottolineare la delicatezza del moto e la strana sensazione di spiraleggiare verso il basso come se fosse un galleggiare sulle acque. Infatti non potendo immaginare realtà fisiche diverse dal galleggiamento si è limitato a considerare per analogia il volo come un galleggiamento nell'aria.
Esposte le mie obiezioni, rimane il fatto che l'idea del volo "umano" risulta una idea assolutamente innovativa per l'epoca e che forse in maniera latente può racchiudere il germe primitivo dell'invarianza galileana.
Come fisico (tra qualche mese) non mi sento però di dire che in quei versi ci sia una versione arcaica del principio di relatività per la mancanza assoluta e fondamentale della descrizione della realtà circostante.
Il sommo poeta, comunque, non finirà mai di sorprendermi.
Ella sen va notando lenta lenta;
rota e discende, ma non me n'accorgo
se non che al viso e di sotto mi venta.
(Divina Commedia, Inferno, canto XVII, 115-117)
È senza dubbio il frutto della riflessione di un grande artista. In primo luogo, perché Dante ha pensato ad un mezzo volante, immaginando quindi, una cosa che nessun artista aveva mai pensato, se non nel caso degli angeli e di Dio. Cosa per altro incredibile per l'epoca tenendo conto che nessuna esperienza di volo effettiva era stata mai sperimentata (e tale rimarrà fino al pallone aerostatico), ragion per cui nessuno poteva conoscere le sensazioni e la realtà di un volo aereo.
In secondo luogo perché è un vero e proprio "gedankenexperiment", l'esperimento mentale tanto caro ai fisici teorici. Dante si è immaginato di sana pianta una situazione fisica, non fantasiosa come la galleria del vento di Paolo e Francesca, e assolutamente contigua alla realtà.
Sulla relatività, tuttavia, andrei un po' più cauto. E per questo facciamo un passo indietro.
(97-105) Quando Virgilio e Dante salgono in groppa a Gerione, Virgilio dispone a Gerione quanto segue: "Gerione, ordinò al mostro, oramai puoi partire, i giri siano molto ampi e la discesa graduale; pensa, tieni conto del carico insolito che hai sulla groppa" (attento, che in groppa porti un vivo). - Ciò detto Gerione inizia a muoversi come se fosse una "barca" - "Come la barca si stacca ed esce dalla riva dove aveva attraccato, procedendo a ritroso, così si staccò di lì; e dopo che si sentì libero di muoversi nel vuoto, volse la code dove prima era il petto, e mosse la coda dopo averla tesa e la fece vibrare come fa una anguilla; e con le zampe raccolse attorno a sé l'aria col tipico movimento di chi nuota nell'acqua. "
In questi versi, in cui esplicitamente Virgilio chiede a Gerione di muoversi lentissimamente Dante ha una prima percezione della rotazione giacché egli scrive:
"volse la coda dove prima era il petto", cosa che in un certo senso ci conforta poiché il principio di relatività riguarda i moti che avvengano di moto rettilineo uniforme. Questo però significa che Dante, per percepire la rotazione attorno al baricentro della bestia (che ripeto si muoveva lentissima), doveva avere costantemente sotto gli occhi qualche punto di riferimento "fisso", altrimenti non si spiegherebbe il senso di tale affermazione. (Se chiudete gli occhi e state al buio su una sedia girevole è difficile accorgersi di una lentissima rotazione).
Arrivando ora ai versi 115-117 emerge un altro particolare: " non me ne accorgo se non per il fatto che l'aria mi accarezza il volto e dal basso" A mio avviso, questo enunciato non è aderente con il principio di invarianza per il semplice motivo che è legato alla percezione mentale. Mi spiego meglio. Nell'esperimento del naviglio di Galilei, lo scienziato fa menzione esplicita di oggetti particolari nell'ambiente circostante.
"Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che vi sia sotto coverta; siavi anco un gran vaso d'acqua e dentrovi de'pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell'acqua in un altro vaso di angusta bocca che stia posto a basso..." Il problema è che Dante trovandosi in una ambiente quasi totalmente oscuro non ha potuto descrivere il comportamento di ciò che gli stava attorno, quando invece, dopo aver "levato gli ormeggi", ha chiaramente descritto una rotazione attorno al baricentro della bestia (cosa non affatto banale, data la dovizia di dettagli con cui il sommo poeta suole descrivere il suo viaggio). Questo mi spinge a pensare che la predizione di una invarianza della descrizione fisica della realtà anche su un sistema di riferimento in moto non è esattamente rispettata.
L'ultima obiezione, anche se troppo particolare (e forse inadeguata al contesto di Dante), riguarda il fatto che un sistema di riferimento spiraleggiante, cioè che trasla e rivoluziona attorno ad un punto fisso, non è un sistema inerziale.
Se Dante avesse voluto comunicarci la sua scienza l'avrebbe fatto almeno considerando un percorso rettilineo. Piuttosto credo che volesse sottolineare la delicatezza del moto e la strana sensazione di spiraleggiare verso il basso come se fosse un galleggiare sulle acque. Infatti non potendo immaginare realtà fisiche diverse dal galleggiamento si è limitato a considerare per analogia il volo come un galleggiamento nell'aria.
Esposte le mie obiezioni, rimane il fatto che l'idea del volo "umano" risulta una idea assolutamente innovativa per l'epoca e che forse in maniera latente può racchiudere il germe primitivo dell'invarianza galileana.
Come fisico (tra qualche mese) non mi sento però di dire che in quei versi ci sia una versione arcaica del principio di relatività per la mancanza assoluta e fondamentale della descrizione della realtà circostante.
Il sommo poeta, comunque, non finirà mai di sorprendermi.